mercoledì 11 novembre 2015

Capitolo 6

Di solito, arrivati a questo punto della mia storia, la gente inizia a credere che forse, dopotutto, sia quasi tutto vero.
Ecco, d’ora in avanti si traccia una linea di demarcazione. Adesso arriva la parte a cui non crederete, quella che deve essere per forza falsa, per forza palesemente romanzata.
Io, che non è così, ve lo posso anche dire, ma tanto so già che tutti, chi prima e chi poi, inizierete a non credere.
Non è colpa mia, lo so, e non è nemmeno colpa vostra, è la nostra natura di esseri umani. Siamo fatti così. Siamo portati a credere solamente a due tipologie di fatti: i primi sono quelli plausibili di per sé, quelli che sono veri in quanto tali; i secondi invece, sono quelli così assurdi da dover per forza esser veri. Per queste due categorie saremmo disposti a darci addirittura la vita, e c’è chi lo fa. Ecco, poi invece ci sono tutte le altre sfumature che ci stanno in mezzo: per noi quelle per noi sono tutte false, o almeno potenzialmente tali.
La mia storia, purtroppo o per fortuna, appartiene a questa terza categoria. Non è una vicenda banale e dunque vera a prescindere, ma non è nemmeno così assurda da essere vera per forza. E poi c’è anche il fatto che chi racconta ha il pallino di romanzare tutto, e allora sì che non si distingue più cosa è vero da cosa non lo è.
La verità? Zssk…potrei giurarvela su qualunque testa, non ci credereste lo stesso.
Bè, io ci provo, io ve lo dico che il protagonista sono sempre io, che la percentuale di fatti veri è sempre la stessa, e che su molte di queste cose potreste tranquillamente scommetterci la testa di vostra madre, ma tanto so già che a breve, vedrete, inizierete a dubitare di ogni singola parola.
Vi avviso già io dunque, e lo faccio solo perché almeno non verrete a dirmelo voi. Da narratore sincero e affidabile diverrò in poco tempo un cantastorie perditempo, uno che le cose le dice bene, Dio se le dice bene, ma in fondo si sa che sono soltanto bugie travestite da finta realtà.

Detto questo, direi che la storia può riprendere, più o meno, da dove l’abbiamo lasciata.

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